Asset Allocation ogni quanto va rivista?
Cambiamenti troppo frequenti possono danneggiare la performance
La finanza in soldoni è un Podcast di educazione e informazione finanziaria a cura di Massimo Famularo
Oggi ci concentriamo su un dubbio venuto ad un ascoltatore del podcast: con quale frequenza si dovrebbe modificare l’allocazione del proprio portafoglio? Ovviamente non c’è una risposta unica che vada bene per tutti e la scelta più ragionevole va formulata sulla base di diverse considerazioni.
Vi ricordo che potete scrivere all’indirizzo email mfamularoblog@gmail.com per fornire spunti, suggerimenti o formulare delle richieste su come indirizzare questa rubrica. Per chi desidera un servizio personalizzato di formazione o assistenza nelle scelte di finanza personale da quest’anno c’è il servizio di financial coach che si basa su una serie di conference call e di interazioni via email, prevede un compenso concordato in base alle esigenze specifiche. Questo servizio sta riscontrando già un discreto successo, anche in considerazione del fatto che l’eventuale pagamento è annuale posticipato e quindi del tutto subordinato alla soddisfazione e al valore aggiunto percepito dal servizio.
Ma torniamo alla domanda di fondo: ogni quanto conviene ribilanciare il portafoglio?
Il primo elemento da tenere presente è che l’andamento dei mercati finanziari è notoriamente imprevedibile su un orizzonte temporale breve da qualche giorno a qualche mese, può essere stimato con una certa approssimazione su un orizzonte più lungo, nell’ordine di qualche anno e tende ad essere sempre crescente nel lungo periodo.
Una prima conseguenza di questo stato di cose è che effettuare troppe operazioni di acquisto e vendita nel breve periodo può essere controproducente e comporta il rischio elevato di avere una performance peggiore rispetto all’approccio “da cassettista” di chi mantiene gli stessi investimenti nel tempo. Un celebre report chiamato “Mind the GAP” curato dalla società Morningstar, effettua periodicamente un confronto tra i risultati ottenuti dai risparmiatori che “entrano ed escono” dai fondi comuni in modo opportunistico e la performance degli stessi fondi in assenza di spostamenti. Il risultato è che sistematicamente chi si impegna cercando di comprare e vendere nel momento più opportuno finisce per guadagnare di meno.
Dunque in termini di modifiche al proprio portafoglio dovremmo distinguere alcune tipologie di intervento:
Quelli opportunistici che cercano di battere i mercati uscendo quando salgono troppo per rientrare dopo le correzioni
Quelli difensivi o strategici che puntano a modificare il rapporto tra le varie componenti e in particolare quella azionaria rispetto all’obbligazionaria a fronte delle aspettative rispetto all’andamento dei mercati su un orizzonte ragionevole
Quelli strutturali che modificano l’allocazione in base a cambiamenti relativi alla propria posizione personale (per es riducendo la componente azionaria man mano che ci si avvicina alla pensione o a un momento della vita nel quale )
Le strategie opportunistiche sono molto rischiose, difficili da realizzare e come esemplificato dalle ricerche di morningstar in larga misura producono effetti penalizzanti per i risparmiatori.
I ribilanciamenti difensivi e strategici dipendono dalle capacità del gestore o del consulente che li indirizza. Anche qui in media muoversi tanto o troppo produce più danni che benefici e talvolta rischia di essere un’attività svolta più per giustificare le commissioni di gestori e consulenti che non dal perseguimento dei reali interessi dei risparmiatori. Quest’ultimo è uno dei principali argomenti a sostegno delle gestioni passive.
I ribilanciamenti strutturali sono utili nella misura in cui rispondono alle esigenze individuali che andrebbero analizzate con il supporto di un professionista.
Ma alla fine della fiera uno risparmiatore normale ogni quanto dovrebbe intervenire sul proprio portafoglio?
Secondo l’approccio portato avanti in questo podcast possiamo riepilogare alcune linee di indirizzo di fondo:
Ogni mese, oppure con altra periodicità basata sulla propria capacità di risparmio è opportuno incrementare il proprio portafoglio mediante strumenti di risparmio gestito come fondi ed ETF – l’allocazione tra azionario e obbligazionario dipende dall’orizzonte temporale per il quale possiamo privarci della disponibilità dei fondi
Con frequenza analoga occorre verificare di non aver impiegato a lungo termine fondi che ci potrebbero servire a breve: il caso peggiora da evitare è quello di essere costretti a vendere dei titoli in perdita perché i soldi ci servono
Resistere alla tentazione di vendere quando i mercati salgono troppo e soprattutto quando scendono, nel primo caso una sostituzione tra azioni e obbligazioni va fatta solo si prevede di aver bisogno dei fondi in questione, in assenza di necessità specifiche non ai dovrebbe modificare l’allocazione in base alle oscillazioni che come abbiamo visto si distribuiscono sempre intorno ad una tendenza al rialzo nel lungo termine
Il contenuto di questo podcast non costituisce consulenza finanziaria e non va inteso in nessun caso come raccomandazione di investimento. Per supporto nelle proprie scelte di impiego di risparmi suggerisco di rivolgersi a professionisti abilitati.
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