La Finanza in Soldoni è un podcast di Informazione ed educazione finanziaria a cura di Massimo Famularo
Scope Ratings ha pubblicato di recente una ricerca sull’economia italiana evidenziando come per assicurare la sostenibilità dell’elevato debito pubblico sarà necessario per il nostro paese continuare a crescere a livelli sostenuti e realizzare degli avanzi primari.
Inoltre, il report ha evidenziato come i maggiori costi di finanziamento dell'Italia limiteranno i margini di manovra fiscale per il prossimo governo: è necessario un ulteriore miglioramento del 2% del PIL nel saldo primario per rimanere entro il limite del 3% del deficit di Maastricht.
Secondo le previsioni dell’agenzia il rapporto debito/PIL dell'Italia (BBB+/Stabile) dovrebbe scendere quest'anno a circa il 146% del PIL dal 150% del 2021, grazie a una crescita economica reale di circa il +3,2%, nonostante un indebolimento sostanziale delle prospettive nella seconda metà di quest'anno a causa della crisi energetica.
Tuttavia, a partire dal prossimo anno, una crescita nominale del PIL più moderata e tassi d'interesse più elevati peseranno contro ulteriori riduzioni del debito/PIL. I tassi di finanziamento dell'Italia sono aumentati notevolmente negli ultimi 12 mesi, con il rendimento dei titoli di Stato a 10 anni che è salito a oltre il 4,5% da meno dello 0,6% nell'estate dello scorso anno - livelli che non si vedevano dal 2013.
I tassi sono in aumento per tutte le economie dell'area dell'euro, ma il loro impatto è più grave per i Paesi altamente indebitati come l'Italia: lo spread con i bund tedeschi è aumentato di circa 100 pb da gennaio a 250 pb, aggiungendo alle pressioni dei mercati finanziari le sfide politiche ed economiche internazionali e interne che l'Italia deve affrontare dopo le elezioni del mese scorso.
La spesa per interessi dell'Italia salirà a circa il 4% del PIL quest'anno, rispetto al 3,6% del 2021, o di oltre 10 miliardi di euro, arrivando a circa 75 miliardi di euro, soprattutto a causa dei maggiori costi di servizio dell'ampia quota di obbligazioni indicizzate all'inflazione, che rappresentano oltre il 10% dello stock di titoli di debito pubblico in circolazione.
Nonostante gli effetti una tantum dell'aumento dell'inflazione, che dovrebbero essere limitati a questo e al prossimo anno, la spesa per interessi è destinata a rimanere a livelli simili in rapporto al PIL nel medio termine, poiché una quota crescente del debito pubblico comporta tassi di finanziamento più elevati. Supponendo che i costi di finanziamento si stabilizzino ai livelli attuali, nel 2026-27 i pagamenti annuali per interessi saranno superiori di 20-25 miliardi di euro rispetto al 2021. Ciò avverrà anche se l'impatto sarà attenuato dalla favorevole struttura del debito italiano, data la sua lunga scadenza media di oltre sette anni.
Di conseguenza, sarà necessario un rapido ritorno a un avanzo primario elevato, pari ad almeno l'1% del PIL, affinché l'Italia possa mantenere il disavanzo nominale entro la soglia di Maastricht del 3% del PIL. Le regole fiscali dell'UE sono attualmente sospese e in fase di revisione, ma abbastanza plausibile che una versione modificata delle regole diventi nuovamente vincolante a partire dal 2024. Il rispetto del limite di deficit è importante per la futura valutazione della sostenibilità del debito.
Per l'Italia, ma anche per la Francia (AA/Stabile) e la Spagna (A-Stabile), le future valutazioni della Commissione europea sulla sostenibilità del debito dipenderanno, tra gli altri fattori, dal ripristino della regola del 3% del deficit fiscale, che non ci aspettiamo cambierà in modo significativo, se non del tutto. Ciò informerà la decisione della BCE sull'ammissibilità delle obbligazioni nell'ambito dello strumento di protezione della trasmissione, qualora venisse attivato.
Contrariamente a Francia e Spagna, l'Italia vanta una politica fiscale prudente, con avanzi primari elevati pari in media all'1,4% del PIL nei cinque anni precedenti la pandemia. Una volta svanito l'impatto delle misure una tantum per affrontare le crisi di Covid-19 e dell'energia, il nuovo governo erediterà un bilancio che, in assenza di ulteriori misure fiscali, dovrebbe favorire il ritorno agli avanzi primari.
Le finanze pubbliche italiane si sono riprese rapidamente dai gravi danni causati dalla pandemia. Il deficit fiscale dovrebbe scendere a quasi il 5% del PIL quest'anno, al di sotto dell'obiettivo del 5,6% e del 7,2% registrato nel 2021, nonostante l'aumento del costo degli interessi. Il disavanzo primario dovrebbe scendere a poco più dell'1% del PIL grazie all'aumento del gettito fiscale - favorito dall'elevato tasso di crescita del PIL nominale e dalla ripresa dell'inflazione - a un mercato del lavoro forte e a una minore spesa legata alla pandemia.
Tuttavia, l'ulteriore 2% di consolidamento fiscale di cui l'Italia ha bisogno nei prossimi anni per mantenere il deficit nominale al di sotto del 3% del PIL, e quindi una graduale riduzione del rapporto debito/PIL, è ancora più importante a causa del rallentamento della crescita economica dovuta alla crisi energetica europea e all'aumento della spesa pubblica legata all'invecchiamento della popolazione italiana.
Scope stima una crescita del PIL di circa lo 0,5% il prossimo anno, un rimbalzo dell'1,5% nel 2024 e solo dell'1% circa negli anni successivi. Ciò sottolinea la necessità che il nuovo governo si attenga, se non rafforzi, le riforme a favore della crescita avviate dell'amministrazione di Mario Draghi e mantenga un graduale percorso di consolidamento fiscale per garantire la sostenibilità del debito pubblico italiano.
Per riassumere:
L’aumento dei tassi di interesse volto a contenere l’inflazione e il rallentamento della crescita economica ad esso collegato potrebbero creare problemi ai paesi con alto debito pubblico come l’Italia
Il governo Draghi lascia le finanze pubbliche in buone condizioni con un debito pubblico in calo rispetto al PIL anche grazie alla crescita positiva registrata lo scorso anno e quello in corso
In futuro ci saranno minori spazi di manovra perché è verosimile che i vincoli da rispettare nei saldi di finanza pubblica tornino ad essere più stringenti (ricordiamo il livello del 3% fissato nel trattato di Maastricht)
Ne consegue che potrebbe verificarsi una spirale negativa legata alla minore crescita e alla necessità di politiche restrittive per mantenere le finanze in equilibrio e ulteriori impatti negativi sulla crescita
L’unica strada per evitare questo circolo vizioso è legata alla realizzazione delle riforme avviate dal governo Draghi per rendere il sistema più competitivo
Link di Riferimento:
https://scoperatings.com/ratings-and-research/research/EN/172444
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