La crisi del colosso immobiliare cinese Evergrande ha spaventato le borse del pianeta. Le preoccupazioni principali riguardano la possibilità di una “reazione a catena”, come quella innescata dal fallimento della Lehman Brothers nel 2008 e del verificarsi di un Crisi Finanziaria Globale seguita da una nuova “Grande Recessione”.
A qualche giorno di distanza dallo scoppio del caso, la maggioranza dei commentatori tende a ridimensionare il rischio di una nuova crisi simile a quella causata da Lehman, concentrandosi sugli effetti di uno scoppio della bolla immobiliare a livello locale e sulle ripercussioni per l’economia mondiale.
Un eventuale “effetto contagio” sui mercati finanziari appare limitato dalla ridotta esposizione delle banche internazionali nei confronti della società e dal fatto che le obbligazioni emesse da Evergrande che subiranno i tagli peggiori sono detenute da fondi con un buon livello di diversificazione e dunque in grado di assorbire le perdite.
Diverso invece il rischio per l’economia reale, poiché il comparto immobiliare ha un peso molto rilevante sull’economia cinese e un probabile rallentamento nella crescita di questo paese avrà un impatto considerevole sulla crescita mondiale.
Quanto avvenuto in Cina non è un fenomeno particolarmente nuovo, si tratta di un circolo vizioso nel quale il debito contratto per acquistare immobili, ne fa crescere i prezzi in modo irrazionale, incentivando il ricorso ad ulteriore indebitamento. Nel momento in cui non si riesce più a vendere questi asset a prezzi tanto elevati, i debiti contratti diventano insostenibili e costituiscono un problema per le banche che li hanno concessi.
Il Governo cinese ha dichiarato che farà tutto il possibile per fare in modo che la ristrutturazione della società avvenga in modo ordinato e questo contribuirà a rendere meno traumatiche le conseguenze per il sistema finanziario.
La vera incognita riguarda come questo shock sul mercato immobiliare si ripercuoterà su un sistema economico già messo alla prova da altri fattori negativi, come il rallentamento nella produzione legato alle residue misure restrittive per la pandemia, alla crescita dei prezzi delle materie prime e alle pressioni per ridurre la quantità di energia elettrica prodotta da carbone; misure che avevano già indotto Goldman Sachs e Nomura a rivedere al ribasso le previsioni di crescita del paese.
Per riassumere: Evergrande non sarà Lehman, ma lo scoppio della bolla immobiliare cinese potrebbe accentuare le criticità che in prospettiva minano le prospettive di crescita dell’economia mondiale.