La finanza in soldoni è un Podcast di educazione e informazione finanziaria a cura di Massimo Famularo
Come ampiamente previsto, il Federal Open Market Committee (FOMC), l'organo decisionale della Fed, ha votato all'unanimità per mantenere invariati i tassi sui fed funds in un intervallo compreso tra il 5,25% e il 5,50%, il livello più elevato dal 2001. Si tratta della seconda riunione consecutiva in cui non ci sono rialzi a partire dal marzo 2022, quando la Fed ha iniziato ad aumentare i tassi partendo da un livello prossimo allo zero nel tentativo di contrastare l’inflazione.
Quali sono le motivazioni alla base della decisione?
Per quanto concerne i commenti alla decisione non sono state evidenziati cambiamenti sostanziali rispetto quanto detto nell'ultima riunione di settembre. Si sottolinea la necessità di controllare l'inflazione, pur riconoscendo che i tassi di interesse elevati potrebbero danneggiare maggiormente l'economia quanto più a lungo rimarranno in vigore, lasciando aperta la porta a ulteriori aumenti se l'inflazione non dovesse continuare la sua traiettoria discendente. I rialzi dei tassi d'interesse della Fed hanno fatto salire i costi dei prestiti su tutti i tipi di finanziamento, compresi i mutui, le carte di credito, i prestiti auto e i prestiti alle imprese. L'obiettivo è quello di scoraggiare i prestiti e le spese e permettere alla domanda e all'offerta di tornare in equilibrio.
Quali sono le conseguenze dei tassi elevati osservate finora?
Con l'aumento del tasso, l'incremento dei prezzi al consumo è rallentato fino a raggiungere il 3,7% nei 12 mesi terminati a settembre, in calo rispetto al picco annuale del 9,1% del giugno 2022, misurato dall'indice dei prezzi al consumo. Un settore particolarmente colpito è quello immobiliare con il mercato che ha raggiunto quasi uno stallo, poiché gli alti tassi ipotecari hanno reso l'acquisto di una casa inaccessibile per la maggior parte dei potenziali acquirenti: il tasso medio offerto per un mutuo fisso a 30 anni ha raggiunto l'8% la scorsa settimana, più del doppio rispetto al minimo storico del 2,65% nel gennaio 2021, secondo Freddie Mac. I prestiti auto più costosi hanno spinto le rate medie dell'auto oltre i 1.000 dollari per un numero crescente di acquirenti.
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DBRS Morningstar ha confermato il rating dell'emittente a lungo termine in valuta estera e locale della Repubblica Italiana (Italia) a BBB (alto). Allo stesso tempo, DBRS Morningstar ha confermato il rating dell'Italia a breve termine in valuta estera e locale a R-1 (basso). Il trend di tutti i rating rimane stabile.
Quali sono le motivazioni alla base della conferma?
Il trend stabile riflette l'opinione di DBRS Morningstar secondo cui i rischi per i rating sono bilanciati. L'impulso di sostegno derivante dall'attuazione del piano nazionale di ripresa e resilienza dell'Italia (NRRP, o il Piano) nei prossimi anni probabilmente mitigherà il rallentamento economico legato principalmente all'inasprimento della politica monetaria. Il rapporto debito pubblico/PIL è diminuito di circa 13 punti percentuali, passando da un picco del 154,9% del PIL nel 2020 al 141,7% nel 2022, e si prevede un ulteriore calo al 140,2% entro la fine di quest'anno. Questo calo è stato significativamente migliore del previsto.
Quali sono le prospettive per il futuro?
Tuttavia, il futuro miglioramento della traiettoria del debito sarà probabilmente limitato dall'impatto negativo dei precedenti crediti d'imposta per la ristrutturazione delle case e da un lento miglioramento generale dei conti fiscali. Quest'ultimo deriva principalmente dal fatto che il governo sta pianificando un modesto allentamento fiscale estendendo gli sgravi fiscali che probabilmente continueranno oltre il 2024 e che potrebbero non essere compensati da misure di compensazione, oltre che da una crescita del PIL più debole e da un elevato costo degli interessi. In questo contesto, una strategia fiscale di medio termine che mantenga il rapporto debito pubblico/PIL su una traiettoria discendente è fondamentale per preservare la fiducia degli investitori nel medio termine.
Quali conclusioni per chi ascolta questo podcast?
Guardando all’andamento dei mercati, ottobre si è chiuso in calo per le principali Borse mondiali (-2,9% l’indice MSCI World), per il terzo mese consecutivo. Tuttavia il rallentamento nella crescita dell’inflazione e le decisioni delle banche centrali di lasciare invariati i tassi, unitamente ad una serie di segnali positivi su risultati di bilancio delle aziende americane potrebbero alimentare l’ottimismo tra gli operatori dei mercati finanziarie ed entro la fine dell’anno potremmo assistere ad una inversione di questa tendenza. Solo il quadro geopolitico resta improntato alla cautela con seri rischi di escalation del conflitto in Medio Oriente.
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