First Republic Bank e altri fallimenti normali
Restrizioni Monetarie e Recessioni spingono fuori dal mercato le imprese più fragili
La finanza in soldoni è un Podcast di educazione e informazione finanziaria a cura di Massimo Famularo
A meno di due mesi dal default di Silicon Valley Bank un altro istituto di credito americano è stato posto in risoluzione dalle autorità di vigilanza. Si tratta di First Republic Bank, un istituto di credito con sede a San Francisco, che di recente è stato colpito da una “corsa agli sportelli”. JPMorgan Chase, la più grande banca al mondo per capitalizzazione di mercato, ha accettato di rilevare i depositi di First Republic, per un valore di circa 93 miliardi di dollari, e la maggior parte dei circa 200 miliardi di dollari di attività della banca.
Quanto dovremmo preoccuparti per questo nuovo fallimento? Può essere il segnale che altre banche falliranno? Potrebbero esserci ripercussioni per il sistema finanziario internazionale? In questo episodio proviamo a rispondere brevemente a queste domande.
In estrema sintesi possiamo dire che la risoluzione ordinata di questo istituto non dovrebbe costituire un elemento di preoccupazione né per il sistema bancario americano né per il sistema finanziario internazionale per motivi sostanzialmente analoghi a quelli indicati nell’episodio 19.
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La First Republic ha iniziato a mostrare segnali di vulnerabilità dopo il crollo della Silicon Valley Bank (svb) a marzo. Entrambe le banche avevano molti depositi non coperti dall'assicurazione federale di proprietà di impese, soggetti che hanno agito razionalmente prelevando i propri fondi nel momento in cui si profilava in rischio di liquidità dell’intermediario finanziario. La base di depositi della First Republic è crollata nel primo trimestre dell'anno, passando da 176 miliardi di dollari alla fine del 2022 a 104 miliardi di dollari alla fine di marzo. Per colmare il divario, la banca ha fatto ricorso a costosi prestiti a breve termine, alcuni dei quali provenienti dalle strutture di emergenza della Federal Reserve. I prestiti concessi quando i tassi d'interesse erano bassi hanno subito un crollo del valore, facendo temere per la sua solvibilità.
In breve, First Republic si è trovata di fronte a una versione più estrema del problema affrontato da altri istituti di credito. Il rapido aumento dei tassi di interesse ha colpito le banche americane su entrambi i lati del bilancio. Le loro attività, sotto forma di prestiti e obbligazioni, valgono meno a causa dei tassi di interesse elevati. Le loro passività, sotto forma di depositi, sono sempre meno competitive rispetto ai fondi del mercato monetario americano, altamente liquidi e sicuri, che offrono rendimenti vicini al 5%.
L’acquisizione da parte di JP Morgan conferma che gli istituti di grandi dimensioni, che poi sono quelli che potrebbero mettere in difficoltà il sistema finanziario in caso di dissesto, risultano al momento solidi e che quindi non si profilano rischi rilevanti di un effetto domino o di un contagio a livello nazionale e internazionale. E’ ancora possibile che si verifichino altri dissesti di istituti di dimensioni minori, ma come testimonia l’esperienza di Silicon Valley e First Republic, si tratta di situazioni che possono essere gestite.
Cosa possiamo allora attenderci come risparmiatori e consumatori?
Con ogni probabilità assisteremo a delle tensioni sui mercati finanziari, in termini di maggiore difficoltà per le imprese meno solide di finanziarsi e maggiori oneri finanziari, ma a ben guardare si tratta di conseguenze del generale contesto di elevata inflazione e rialzo dei tassi che i recenti fallimenti bancari hanno contribuito e probabilmente contribuiranno ad inasprire, ma del quale non sono la causa.
Quali lezioni si possono trarre da questi eventi?
Per quanto riguarda l’assicurazione dei depositi è di tutta evidenza che questo meccanismo funziona bene per la tutela dei piccoli risparmiatori, ma presenta dei limiti nei confronti delle imprese che hanno ingenti giacenze di liquidità e che possiedono competenze elevate e capacità di reazione tempestiva per agire quando si profilano rischi di illiquidità. E’ dunque verosimile che in futuro negli Stati Uniti assisteremo ad una regolazione più stringente per gli operatori bancari, in linea con quella presente in Europa e più in generale ad un consolidamento del sistema, con la prevalenza di istituti di grande dimensione e la predisposizione di “reti di sicurezza” per sostenere le banche più piccole e fragili
Per riassumere:
le fasi di restrizione monetaria come quella che stiamo attraversando e le possibili conseguenze in termini di recessione economica ci ricordano che l’eliminazione delle imprese più fragili, ivi inclusi gli istituti bancari, sono un fenomeno fisiologico che non deve destare preoccupazioni eccessive e che può portare benefici in termini di stabilità al sistema nel suo complesso
la liquidazione ordinata di questo istituto conferma che le autorità sono in grado di gestire questi temi e che non ci sono rischi rilevanti di contagio o fallimenti a catena
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