Guerra, QT e Lockdown: i Rischi per l’economia mondiale
I lockdown in Cina ridurranno la crescita del paese e il commercio Globale
Secondo le ultime dichiarazioni del Pentagono l’esercito russo si è ritirato dall’area circostante la capitale dell’Ucraina Kiev e con ogni probabilità cercherà di riorganizzarsi per tentare un rischioso attacco frontale sul Donbas. Nelle zone liberate dall’invasore sono stati trovati segni inequivocabili di torture ed uccisioni sommarie dei civili, con una grande quantità di cadaveri giustiziati mentre avevano le braccia legate dietro la schiena. Anche a fronte delle evidenze riguardanti questi crimini di guerra in Europa si fa avanti la concreta possibilità che i paesi europei aggiungano alle sanzioni anche un embargo energetico cessando di acquistare del tutto combustibili fossili dalla Russia come richiesto apertamente da Roberta Metsola a capo del parlamento europea.
La prospettiva di una cessazione degli acquisti dalla Russia si aggiunge ad altri rilevanti fattori di rischio per l’economia mondiale che potrebbero rendere meno improbabile l’ipotesi di una recessione. Negli Stati Uniti la Federal Reserve si sta preparando a combattere l'alta inflazione aumentando fortemente i tassi d'interesse e riducendo la quota di titoli di debito che detiene in bilancio (una minore domanda di titoli influenza negativamente il prezzo di questi e spinge ulteriormente al rialzo i rendimenti).
In Europa la crescita dei prezzi dell’energia erode il potere di acquisto dei consumatori e, facendo crescere i costi, riduce i margini di profitto per le imprese che non riescono a traslare questi aumenti sui prezzi dei beni e servizi finali. Da ultimo, in Cina un'epidemia della variante Omicron del coronavirus ha portato le autorità a imporre le chiusure più severe dall'inizio della pandemia.
Secondo un editoriale pubblicato sull’ Economist di questa settimana l’insieme di questi elementi potrebbe avere impatti rilevanti sulla crescita globale portando alcuni paesi in recessione anche se con tempistiche differenziate.
Negli Stati Uniti il tasso annuale d'inflazione sui prezzi al consumo è del 7,9% mentre i salari orari sono in crescita del 5,6% rispetto a un anno fa. Il rapporto tra offerte di lavoro e lavoratori disoccupati è quasi di due a uno raggiungendo il livello più alto degli ultimi 70 anni. Per raggiungere un obiettivo di inflazione al 2% la banca centrale ha bisogno che rallenti sia la crescita dei salari che quella dei prezzi, dunque al momento sono attesi aumenti i tassi di interesse a breve termine, per passare da un livello inferiore allo 0,25% all’inizio dell’anno fino a oltre il 2,5% entro dicembre, proseguendo per salire oltre il 3% nel 2023. Questa settimana la banca centrale ha presentato un piano per ridurre le sue partecipazioni obbligazionarie di 85000 miliardi di dollari, a partire da maggio, ad un ritmo molto più veloce che durante l'ultimo periodo di "stretta quantitativa".
L’evidenza storica ci dice che in tutti i casi in cui è stato necessario combattere un’inflazione elevata, le strette monetarie dalla banca centrale hanno causato una recessione, ritenuta a questo punto abbastanza probabile da diversi commentatori nei prossimi 2 anni.
Anche l'Europa ha un problema di inflazione, ma finora è causata dall’impennata dei prezzi delle importazioni dell’energia e dei generi alimentari più che da un vero e proprio surriscaldamento dell’economia. Secondo le analisi dell’Economist i prezzi del gas per il prossimo inverno sono cinque volte più alti che in America, e la spesa per l'energia domestica è quasi il doppio in percentuale del PIL (anche se su questo incide anche la diversa dimensione del prodotto interno). A fronde di questi aumenti la fiducia dei consumatori è in calo e anche le imprese attraversano un momento di difficoltà. Secondo le stime più accreditate l’economia dell’area euro crescerà nel 2022, ma si tratta di una ripresa abbastanza fragile che potrebbe essere messa in discussione da uno stop alle importazioni di gas dalla Russia (sia legate alle sanzioni si alle eventuali ritorsioni del Cremlino).
Allo stato tuttavia la minaccia principale per la crescita mondiale è legata alla diffusione della variante Omicron in Cina e alla miope strategia Zero-Covid portata avanti da questo stato. A fronte di 20mila nuovi casi registrati il 6 aprile il paese ha messo in lockdown 26 milioni di abitanti a Shanghai e diverse altre città che presentano focolai. Secondo una stima della banca d’investimento Goldman Sachs le restrizioni potrebbero avere un impatto del 7,1% sul PIL cinese e di conseguenza influenzare negativamente anche il commercio globale, che è ancora alle prese con i postumi della precedente pandemia.
Il presidente Xi Jinping, ha preso delle posizioni nette sulla riduzione delle restrizioni, tuttavia c’è il rischio che una riapertura prematura possa causare un’ondata di contagi e morti come quella recentemente sperimentata da Hong Kong che potrebbe spaventare i consumatori e avere a sua volta effetti recessivi. Finché la Cina realizzerà un programma efficace di vaccinazione della popolazione più anziana, le restrizioni alla circolazione delle persone rimarranno una caratteristica ricorrente del suo sistema economico una fonte di volatilità globale.
Dunque le prospettive per l’economia mondiale rimangono incerte e le probabilità di una recessione aumentano a causa della necessità degli Stati Uniti di arginare l’inflazione, dell’Europa di gestire i prezzi dell’energia e soprattutto della scelta miope del governo cinese di combattere la pandemia con i lockdown invece che con un piano di vaccinazioni.
Riferimenti:
https://www.economist.com/leaders/2022/04/09/a-toxic-mix-of-recession-risks-hangs-over-the-world-economy