Hanno senso le leggi anti delocalizzazioni?
Una politica lungimirante interviene sulle cause del problema di fondo
Oggi prendiamo spunto da una lettera inviata al presidente draghi dai sindaci di Napoli, Bologna e Firenze per chiedere una legge contro le delocalizzazioni, lo spostamento di stabilimenti produttivi da parte di imprese multinazionali, per parlare dei limiti all’intervento dello stato nell’economia.
L’appello dei sindaci a una prima lettura può apparire ragionevole e condivisibile: quando un grosso stabilimento produttivo chiude è sempre un problema increscioso per la comunità locale, si tratta di in genere di un numero elevato di lavoratori che si trovano a dover cambiare occupazione di punto in bianco e che potrebbero avere difficoltà a trovarne una nuova, specie se non sono più giovani e se hanno svolto la stessa mansione per molti anni.
Un amministratore che ha a cuore la sua comunità vuole evitare questi problemi e questo giustifica la lettera indirizzata al presidente del consiglio. Ma può funzionare una legge che impedisca alle imprese di chiudere uno stabilimento produttivo? Posto che verosimilmente si tratta di strutture che operano in perdita o che sono ritenute non più utili e funzionali come si può mantenerle attive contro la volontà di chi ne è proprietario?
Cosa pensereste di una legge che vi obbliga a fare un lavoro che non vi piace o che vi garantisce un compenso del tutto inadeguato? Oppure se qualcuno volesse imporvi per legge di consumare in un negozio che ritenete troppo caro? Vi sembrerebbe un abuso, una imposizione indegna di una democrazia liberale e una palese violazione del dettato costituzionale.
Per gli stabilimenti che chiudono vale un discorso analogo: non si può obbligare chi li possiede a tenerli aperti. Alla base delle ipotesi di leggi contro le delocalizzazioni c’è una incomprensione di fondo, il governo e il parlamento possono intervenire in modo incisivo nella società e nel sistema economico, possono proibire alcune attività e prescriverne altre, ma qualunque tentativo da parte loro di imporre un comportamento autolesionista verrà disatteso, eluso o avversato da qualunque operatore razionale.
Dunque non si può impedire per legge la chiusura degli stabilimenti produttivi e, in tutti i casi in cui lo stato si è provato a gestire imprese l’unico risultato ottenuto è stato di ritardare la conclusione inevitabile bruciando preziose risorse dei contribuenti.
Per limitare i danni alla comunità delle delocalizzazioni è più opportuno e sensato intervenire per riqualificare e ricollocare i lavoratori che perdono la propria occupazione, offrigli dei contributi per sostenersi nella delicata fase di transizione e verso un nuovo impiego. Più in generale una politica lungimirante e non concentrata sul breve termine dovrebbe adoperarsi per contrastare le cause che portano le imprese a chiudere o trasferirsi in altri paesi.
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