Invasione Russa e Mercati Finanziari (podcast)
117$ investiti in azioni nel 1942 sarebbero diventati 607mila nel 2019
Nel podcast precedente abbiamo parlato degli effetti del conflitto tra Russia e Ucraina per l’economia globale, dell’impatto diseguale sui diversi e in questo podcast proviamo a discutere brevemente delle reazioni dei mercati finanziarie e delle alternative per i risparmiatori anche in termini di beni rifugio. Come ricordato recentemente anche da Warren Buffett, tra gli investitori di maggior successo della storia, la scelta più razionale nel lungo termine per difendere il proprio patrimonio consiste in un’allocazione diversificata sui mercati azionari internazionali.
In generale i mercati globali di solito si indeboliscono quando le guerre si avvicinano, si rafforzano molto prima che le guerre finiscano e trattano le calamità umane con un'indifferenza glaciale. Questo è stato un modello storico comune, comunque. E, con alcune importanti avvertenze, sembra essere in atto con l'ultima aggressione della Russia verso l'Ucraina.
Le correzioni sui mercati finanziari e delle materie prime sono iniziate prima che l’intervento bellico si concretizzasse in una vera e propria invasione. Secondo Claus Vistesen, capoeconomista area euro per Pantheon Macroeconomics ha dichiarato che mentre è difficile prevedere l’evoluzione del conflitto “Le conseguenze a breve termine per i mercati sono relativamente semplici: i prezzi dell'energia continueranno a salire, e le azioni continueranno a scendere".
Non tutti i titoli si muovono però nella stessa direzione: L'aumento dei prezzi del petrolio e del gas ha sostenuto il settore energetico con riferimento agli stati uniti questa componente dell'S&P 500, ha reso quest'anno il 21,8% fino allo scorso lunedì a fronte di un calo del l'indice generale, pari all'8,8%.
Peraltro i mercati azionari anche prima del conflitto erano già in tensione per le aspettative su aumento dei tassi di interesse, inflazione in crescita e discontinuità ancora esistenti nelle catena di approvvigionamento. Secondo il giudizio quasi unanime dei principali commentatori gli investitori con orizzonte di lungo termine in portafogli ben diversificati di azioni e obbligazioni di alta qualità - detenuti direttamente o attraverso fondi comuni a basso costo e fondi negoziati in borsa - saranno probabilmente in grado di superare questa crisi, come hanno fatto con molte altre.
Peraltro va sottolineato come la presenza di una componente obbligazionaria in un portafoglio ben bilanciato possa fungere da cuscinetto nei confronti dei cali delle azioni, anche se questi titoli dalla fine dello scorso anno sono oggetto di pressioni al ribasso a causa dell’attesa di restrizioni nella politica monetaria.
Un recente articolo del New York times ricorda come un anno dopo il bombardamento di Pearl Harbor del 1941, l'S&P 500 guadagnò il 15%. Un anno dopo l'invasione americana dell'Iraq nel 2003, era salito del 35%. La storia dell’indice americano mostra che appena un anno dopo la maggior parte dei crolli più rilevanti le perdite vengono recuperate.
Dal discorso del presidente Truman del 17 marzo 1948 al Congresso, che criticava quella che chiamava l'espansione del comunismo dell'Unione Sovietica nell'Europa dell'Est, fino alla fine di dicembre 1991, quando l'Unione Sovietica cessò di esistere, il Dow ha reso il 10,05%, annualizzato. In circa 30 anni da allora, fino a venerdì, il Dow ha restituito il 10,77%, annualizzato, un po' meglio che durante la guerra fredda, ma non di molto.
Sul blog di adivse only Raffaele Zenti, cofondatore di Virtual B ha evidenziato come lo shock legato alla guerra potrebbe rallentare la ripresa mondiale, soprattutto quella europea, che si apprestava ad uscire dalla pandemia. “Inoltre i mercati hanno già fatto storni pesanti, verosimilmente scontando molti degli scenari possibili, ormai sul tavolo da settimane. Come sempre, infatti, i mercati finanziari anticipano. Ma c’è spazio per ulteriori discese? Ovvio che sì: una maggiore incertezza in riferimento allo scenario equivale a più storni e volatilità (cioè ‘swing’). Inoltre, le valutazioni (ratios prezzi/fondamentali) erano tiratissime, quindi un sacco di operatori ne hanno approfittato per realizzare plusvalenze.
Però, aggiunge ancora Zenti, “potrebbe anche non scendere più di tanto, le Borse in particolare? Sì, potrebbe. Perché c’è bisogno di investire (c’è liquidità e da qualche parte va allocata), l’inflazione è relativamente alta e le azioni offrono (nel medio-lungo) rendimenti reali positivi, mentre oggi come oggi è difficile guardare con ottimismo ai rendimenti reali delle obbligazioni. Quindi qualcuno potrebbe pensare di cogliere l’opportunità per comprare qualcosa”.
Chiudiamo con un recente commento sui beni rifugio dell’investitore Warren Buffett che ha richiamato una sua lettera agli azionisti del 2018. Nel 1942 nel pieno della seconda guerra mondiale il Buffett acquistò 115$ in azioni Cities Service. Lo stesso importo investito nell’indice S&P 500 avrebbe portato un guadagno di 5288 volte entro il 2019 con un montante di 607mila dollari. Lo stesso importo investito in oro, bene rifugio per antonomasia avrebbe portato ad un montante di soli 4200 dollari.
Dunque il messaggio degli investitori più famosi si conferma essere quello di non lasciarsi prendere dal panico, di continuare una politica graduale di investimenti diversificati sui mercati azionari internazionali, oggi accessibili a basso costo tramite strumenti come gli ETF confidando nel fatto che anche i crolli più rilevanti registrati nel breve termine saranno più che compensati su un orizzonte temporale sufficientemente lungo.