Russia scacco alla banca centrale
Congelando le riserve si infligge un duro colpo al sistema finanziario
Le sanzioni che l’occidente ha comminato alla Russia dopo l’annessione della Crimea nel 2014 non sono state particolarmente efficaci e non si sono dimostrate un deterrente credibili nei confronti dell’espansionismo di Putin. Le misure più recenti contro il sistema finanziario messe in atto da Stati Uniti, Unione Europea e altri alleati dovrebbero rivelarsi più incisive dal momento che prendono di mira la sua banca centrale e possono portare al congelamento dei suoi 630 miliardi di dollari di riserve in valuta estera. In queste ore stiamo già assistendo a una vera e propria corsa agli sportelli e ad un crollo del rublo. La rilevanza di queste misure è testimoniata dalla reazione del presidente russo che ha annunciato la messa in stato di allerta delle armi nucleari.
In passato le sanzioni occidentali sono state improntate molto sulla retorica e poco sui danni concreti arrecati allo stato invasore .Le limitazioni all’export di tecnologia e prodotti industriali potrebbero richiedere mesi o anni per avere effetti. Anche le sanzioni americane annunciate il 24 febbraio contro Sberbank e vtb Bank, che insieme detengono il 75% del patrimonio del settore bancario russo, sono state un colpo serio ma non micidiale, soprattutto perché le transazioni energetiche sono state esentate. Il sistema finanziario "fortezza" della Russia sembrava capace di resistere alle armi economiche che l'Occidente osava usare.
Con le misure del 26 febbraio lo scenario cambia, ma ancora non in modo determinante, perché l’esclusione delle banche russe, probabilmente Sberbank e VTB, da swift, il sistema globale di messaggistica dei pagamenti transfrontalieri, comporta delle sensibili complicazioni nei trasferimenti di fondi che dovranno venire autenticati a mezzo telefono ed email. Il punto di svolta avviene quando si punta alla banca centrale, la fortezza che detiene i 630 miliardi di dollari di riserve estere, equivalenti al 38% del PIL della Russia nel 2021
Nonostante in via preventiva si sia già provveduto a ridurre la quota di riserve detenuta in dollari, scesa al 16% nel 2021 il punto fondamentale è che l’istituto russo detiene la maggior parte delle sue partecipazioni di titoli, depositi bancari e altri strumenti, indipendentemente dalla valuta in cui sono denominati, in conti con istituzioni finanziarie o in giurisdizioni che applicheranno le sanzioni occidentali. Ciò significa che una parte, o anche gran parte, potrà essere congelata.
Se la banca centrale non ha accesso istantaneo alle riserve, non potrà intervenir sui mercati valutari per sostenere il rublo in calo, come ha fatto nei giorni scorsi. La banca centrale potrebbe non essere in grado di offrire liquidità in valuta estera alle banche che sono sottoposte a sanzioni, aumentando così la probabilità che esse non adempiano ai loro obblighi e finiscano in default. In oltre la banca centrale non potrà intervenire come agente di pagamento per consentire alle banche russe di eludere le sanzioni.
Questi meccanismi faranno crescere il panico nel sistema finanziario russo. Finora il danno della guerra è stato grave ma tollerabile. La valuta è scesa del 10% da un anno all'altro, il mercato azionario del 35% e i prezzi delle azioni delle maggiori banche di oltre il 50%. Al 25 febbraio il costo dell'assicurazione contro un'insolvenza del governo russo era alla pari con quello della Turchia. Ora è probabile che la pressione si intensifichi. I cittadini potrebbero perdere fiducia nel sistema bancario e nonostante lo stato abbia un saldo positivo della bilancia commerciale potrebbero rendersi necessari dei controlli ai movimenti di capitali per arginare i deflussi.
Se nello scenario precedente la Cina e i paesi asiatici potevano esitare nell’applicare le sanzioni occidentali, al crescere del rischio di inadempienza saranno costrette ad essere più diffidenti nei confronti delle controparti russe. Una testimonianza di quanto pericolose possano essere queste misure è data dalla replica della Russia che ha dichiarato di porre in stato di allerta i propri armamenti nucleari. Altre possibili ritorsioni potrebbero avvenire attraverso attacchi informatici sulle istituzoni occidentali e limitando le forniture di GAS. In particolare quest’ultima misura avrebbe impatto moderato per la Russia (le esportazioni di petrolio sono molto più importanti per la sua economia), ma porterebbe a un aumento dei prezzi dell'energia e delle bollette dei consumatori in Europa. In questo scenario l'Occidente avrebbe ancora altre armi economiche con cui aggravarsi, compresi i blocchi dei servizi internet per i consumatori o le sanzioni sul petrolio russo.
Prendendo a prestito le parole di editoriale recente dell’Economist: “Resta da vedere se la ritrovata determinazione dell'Occidente riuscirà a infliggere un colpo devastante all'economia russa prima che la Russia infligga un colpo militare devastante all'Ucraina.”