La finanza in soldoni è un Podcast di educazione e informazione finanziaria a cura di Massimo Famularo
Secondo un editoriale del settimanale britannico The Economist il problema dell'inflazione nell'economia mondiale si sta attenuando, ma la prospettiva di una recessione appara ancora molto probabile. Provo a riassumervi le osservazioni contenute nell’articolo e a trarre qualche conclusione con riferimento al nostro paese e qualche spunto per i piccoli risparmiatori che seguono questo podcast
Dopo tre anni caotici, gli investitori hanno diversi motivi per guardare all’economia mondiale con minore apprensione. In America l'inflazione sta crollando, facendo sperare in un "atterraggio morbido", in cui la crescita dei prezzi tornerà sotto controllo senza una recessione. La fortuna ha sorriso all'Europa, dove un inverno prevalentemente caldo ha fatto crollare i prezzi dell'energia. E l'economia cinese, liberata dalla politica distruttiva di Xi Jinping "zero-covid", è pronta a rimbalzare. I mercati sono felici. L'indice s&p 500 dei titoli americani è salito del 5% dall'inizio dell'anno. I prezzi delle azioni in Europa e nei mercati emergenti sono saliti ancora di più.
E’ tuttavia troppo presto per cantare vittoria in modo definitivo. In America i prezzi al consumo sono scesi a dicembre e l'inflazione annuale potrebbe scendere sotto il 2% quest'anno grazie al contributo delle componenti energia e beni di consumo. Tuttavia, insieme con la crescita dei prezzi negli Stati Uniti sta rallentando anche quella del PIL. Le vendite al dettaglio e la produzione industriale sono scese a dicembre e gli indicatori anticipatori della produzione sono in forte calo, il che di solito indica che la recessione è vicina. La parte più solida dell'economia è il mercato del lavoro. Ma la domanda di lavoratori non è del tutto una buona notizia: per la Federal Reserve sarà più difficile essere sicura che l'inflazione sia stata domata.
Nonostante i licenziamenti delle grandi aziende tecnologiche che hanno fatto notizia, il tasso di disoccupazione rimane appena al 3,5% e le nuove richieste di sussidi di disoccupazione sono al minimo da tre mesi e mezzo. La crescita annuale dei salari è diminuita secondo alcune misure, ma rimane intorno al 5%; il 24 gennaio Walmart ha dichiarato che aumenterà i salari iniziali da 12 a 14 dollari l'ora. Poiché la produttività dei lavoratori cresce solo dell'1% circa all'anno, una crescita sensibile dei salari comporta un aumento dei prezzi che supera di gran lunga l'obiettivo di inflazione del 2% fissato dalla Fed.
Alcuni politici sperano che le aziende, i cui profitti sono aumentati nel 2021, possano assorbire la rapida crescita dei salari senza che i prezzi debbano aumentare ulteriormente. Tuttavia, nell'autunno scorso, l'aumento dei margini di profitto rappresentava solo un ottavo dell'inflazione dell'era pandemica. Dato che Wall Street prevede utili deludenti per il quarto trimestre del 2022, ciò suggerisce che le aziende aumenteranno i prezzi in linea con il costo del lavoro.
I mercati si aspettano che la Fed inizi a tagliare i tassi di interesse entro un anno, quando la crescita rallenterà. Ma se la Fed intende seriamente ridurre l'inflazione al 2% e mantenerla tale, dovrà mantenere i tassi alti fino a quando la crescita dei salari non si raffredderà, anche se ciò dovesse portare a una recessione.
Se l'America dovesse subire una flessione, è probabile che si trascini dietro l'Europa. Nonostante il calo dei prezzi dell'energia, l'area dell'euro ha anche un problema di inflazione di fondo, come dimostra l'aumento della crescita dei salari. Christine Lagarde, capo della Banca Centrale Europea, ha avvertito che i tassi di interesse dovranno aumentare in modo significativo, contrariamente alle aspettative più ottimistiche degli investitori. Un dollaro più forte - probabile se la Fed continuerà ad alzare i tassi e gli investitori si spaventeranno per le conseguenze - aumenterebbe l'inflazione importata e renderebbe il lavoro della BCE ancora più difficile, riducendo al contempo il rally dei mercati emergenti.
La fine dello zero-covid in Cina ha ridotto la possibilità che le catene di approvvigionamento si inceppino. Tuttavia, il suo rimbalzo non è un bene assoluto per il resto del mondo, che ha un problema di inflazione, non di carenza di spesa. Le importazioni extra della Cina aggiungeranno altro carburante alle economie surriscaldate. Gli stoccaggi di gas in Europa sono così pieni in parte perché la domanda di gas naturale liquefatto da parte della Cina nel 2022 è stata del 20% inferiore al livello abituale. Ora è probabile che la domanda si riprenda, il che potrebbe causare un'ulteriore impennata dei prezzi il prossimo inverno. L’economia mondiale si potrà dire fuori pericolo solo quando saranno risolti i due problemi simmetrici del surriscaldamento del mercato del lavoro negli Stati Uniti e della crisi energetica.
Che dire dell’Italia? Il nostro paese presenta la complicazione non trascurabile di avere un debito pubblico molto elevato, che soprattutto a fronte dell’attesa riduzione nel programma di acquisto dei titoli di stato (tapering) mentre i tassi sono ancora in crescita, potrebbe rendere il nostro paese vulnerabile a vendite speculative sui mercati obbligazionari.
Finora il governo Meloni ha dimostrato un atteggiamento abbastanza prudente in termini di finanza pubblica, anche per rispettare gli impegni presi con la Commissione Europea per l’ottenimento dei fondi del programma Next Generation EU. Dunque molto del futuro prossimo per il nostro paese dipende in primo luogo dalla capacità del governo di non trasmettere segnali preoccupanti ai mercati finanziari e in secondo luogo da quanto gli investimenti dei fondi ricevuti saranno efficaci nel promuovere una crescita economica superiore a quella sperimentata nel ventennio precedente la pandemia.
Per i risparmiatori restano validi tre suggerimenti forniti negli scorsi episodi di questo podcast:
impiegare la liquidità, per limitare l’erosione del potere d’acquisto causata dall’inflazione e per cogliere l’opportunità di tassi d’interesse in crescita
considerare titoli di stato indicizzati all’inflazione anche con scadenze lunghe per approfittare dei rendimenti elevati e beneficiare eventualmente di plusvalenze quando i tassi scenderanno
investire gradualmente con ottica di lungo periodo nei mercati azionari, eventualmente privilegiando le azioni che pagano dividendi elevati perché nel breve periodo presentano una volatilità inferiore
Il contenuto di questo podcast non costituisce consulenza finanziaria e non va inteso in nessun caso come raccomandazione di investimento. Per supporto nelle proprie scelte di impiego di risparmi suggerisco di rivolgersi a professionisti abilitati.
Da quest’anno per chi vuole un supporto educativo e informativo dedicato alla gestione dei propri risparmi sto avviando un servizio di Financial Coach per informazioni potete scrivere all’indirizzo mfamularoblog@gmail.com
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