La finanza in soldoni è un Podcast di educazione e informazione finanziaria a cura di Massimo Famularo
Mentre il mondo osserva con apprensione gli sviluppi del conflitto nella striscia di Gaza, cercando di comprendere e anticipare le prospettive di un possibile allargamento ad altri paesi di dimensioni maggiori, in Italia il Governo Meloni ha approvato una manovra da 24 miliardi e si prepara ad affrontare il giudizio dei mercati. Come di consueto in questo podcast cercherò di evitare le previsioni incaute e i giudizi soggettivi e a fornire qualche chiave di lettura per comprendere i fenomeni più rilevanti.
Cosa vuol dire una manovra da 24 miliardi?
Che il consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge di bilancio per il periodo 204-2026. Con questo documento fornisce indicazioni su come il governo intende impiegare le risorse del bilancio pubblico, all’interno del quadro di riferimento che era stato fornito nella Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza del 2023 (la cosiddetta NADEF). DI fatto in questo modo si realizza una redistribuzione tra i cittadini, alcuni dei quali potranno beneficiare di risorse aggiuntive o di minori imposte, mentre altri dovranno invece farsi carico di oneri aggiuntivi rispetto all’anno precedente.
Quali misure prevede la legge di bilancio?
Gli elementi principali della manovra includono una riduzione del carico fiscale su alcune categorie di contribuenti, in particolare su quelli che hanno redditi più bassi e una modifica nella struttura delle aliquote che dovrebbe avere l’effetto di spostare il carico riducendolo sui redditi medi e di trasferendone l’onere su quelli più elevati, per un valore complessivo di circa 15 miliardi. Altri 5 miliardi dovrebbero essere destinati al rinnovo dei contratti della pubblica amministrazione e 3 miliardi alla sanità. Così al netto di qualche arrotondamento si possono riconciliare i numeri riportati dai giornali e dalle agenzie di stampa.
Chi ci guadagna e chi paga il conto?
Non è semplice fare una valutazione di questo tipo, perché il marketing politico e la comunicazione che ne deriva sono concepiti per dare il massimo risalto ai vantaggi attribuiti ad alcune categorie, nella speranza di catturarne il consenso, rappresentando in modo poco trasparente gli oneri che aumentano. Quello che si può dire con ragionevole certezza è che i percettori di redditi più bassi dovrebbero ottenere una serie di benefici in termini di minore tassazione, così come dovrebbero ricevere dei benefici le famiglie con più di tre componenti e in particolare le donne con 2 o più figli che dovrebbero ottenere una riduzione dei contributi previdenziali. Maggiori imposte invece per i redditi medio alti un deficit complessivo più elevato come anticipato nella NADEF
Vi ricordo che potete scrivere all’indirizzo email: mfamularoblog@gmail.com per fornire spunti, suggerimenti o formulare delle richieste su come indirizzare questa rubrica e per avere maggiori dettagli sul servizio di financial coach un attività di consulenza e formazione personalizzata per gli ascoltatori di questo podcast con conference call dedicate e compenso basato sulle esigenze specifiche di ciascun aderente.
Cosa comporta un deficit maggiore a fronte di un debito già elevato?
Un deficit più alto del previsto ci rende più fragili di fronte al circolo vizioso in base al quale gli interessi che dobbiamo pagare sul debito riducono i margini di manovra per le politiche di bilancio del governo, che ha meno risorse per sostenere la crescita economica. Una minore crescita comporta anche minori entrate per il fisco e quindi margini ancora più ridotti, come spiegato in molti podcast precedenti. E’ questo circolo vizioso che potrebbe indurre le agenzie di rating a rivedere in negativo il giudizio sul nostro paese e sul debito pubblico
Cosa succede se le agenzie esprimono giudizi negativi?
Come spiegato a partire dal primo episodio di questo podcast, i giudizi delle agenzie sono come un termometro che misura la febbre e una temperatura elevata indica una probabilità maggiore che il paese si ammali e un maggiore rischio per chi dall’esterno potrebbe investire nell’economia reale o nei nostri titoli di debito. I prossimi aggiornamenti sono previsti per il 20 ottobre da parte di Standard & Poors, il 27 ottobre da parte di DBRS, il 10 novembre da parte di Fitch, il 17 novembre da parte di Moodys e il 1 dicembre da parte di Scope Ratings
Quando dobbiamo preoccuparci di questo quadro?
Come spiegato molte volte, la nostra adesione all’euro e il sostegno implicito ed esplicito da parte della banca centrale europea ci mette al riparo dalle conseguenze più disastrose della nostra gestione poco oculata della finanza pubblica. Cionondimeno, in assenza di riforme strutturali che consentano al nostro paese di riguadagnare competitività e di crescere in maniera sufficiente da contrastare il peso del debito pubblico accumulato nel tempo, assisteremo al seguito del declino che abbiamo già avuto modo di osservare nei 20 anni precedenti alla pandemia. Un contesto nel quale i giovani e le persone più qualificate emigrano, l’occupazione e i salari ristagnano e la forbice che misura la distanza tra i privilegiati che possono estrarre risorse dal sistema e rispetto a quelli che devono sostenerlo continuerà ad allargarsi.
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