L’episodio di oggi è dedicato ai consigli interessati e ai ribilanciamenti continui che gestori e consulenti si sentono spesso “in dovere” di effettuare per giustificare il proprio compenso a prescindere dal fatto che questi cambiamenti siano o meno convenienti per il cliente finale.
Prima di approfondire il tema, vi ricordo che questa rubrica è del tutto indipendente, non cerca di vendervi nulla e si propone con una certa umiltà di spiegare Economia e Finanza in parole semplici, attraverso podcast, newsletter e in video.
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Cosa intendo per “consiglio che non conviene?”
Che si tratti di un promotore o di un bancario, che guadagnano commissioni nascoste, in base ai prodotti che vi suggeriscono di acquistare; oppure di un consulente indipendente, che vi sottopone una parcella trasparente, per i servizi di assistenza che vi offre, difficilmente vi sentirete proporre il consiglio che non conviene a nessuna delle due categorie: non fare nulla.
Un consulente che non consiglia di fare qualcosa appare una contraddizione in termini.
Se è inquadrato come venditore, pagato con provvigioni o con premi in base ai prodotti collocati, il suo obbiettivo è appunto quello di farvi comprare questo o quel prodotto e, dunque, se in questo momento non vi conviente investire, dovrà scegliere tra la sua e la vostra convenienza.
Se invece si profila come un consulente, sarà appunto pagato per dare dei consigli e non fare niente è un suggerimento per il quale difficilmente il cliente è contento di pagare.
Esiste un incentivo strutturale nell’industria dei servizi finanziari a suggerire operazioni di investimento e disinvestimento ai risparmiatori anche se queste non rientrano nell’interesse del cliente e, nei casi limite, anche se non corrispondono alle sue esigenze e preferenze.
Perchè non agire dovrebbe essere una scelta conveniente?
Prevedere con precisione l’andamento dei mercati finanziari è impossibile e cercare di comprare prima che salgano e, soprattutto, vendere prima che scendano è una strategia molto rischiosa e quasi sempre controproducente. L’agenzia di rating Morningstar misura periodicamente la perdita registrata da chi “si muove troppo” rispetto a chi prende posizione e mantiene il proprio investimento nella serie di report “Mind the Gap”.
In pratica il cattivo tempismo di chi entra ed esce con una frequenza eccessiva porta l’investitore individuale a registrare un rendimento inferiore a quello conseguito dagli stessi prodotti in cui investe.
Chiariamo questa appartente contraddizione con un esempio.
l’ETF iShares Global Clean Energy, che ha raddoppiato le dimensioni nel 2020, quando il suo rendimento è stato del 140% in dollari e poi ha avuto due anni negativi e i flussi si sono dissipati. Se guardate alla performance totale nel triennio 2018-2023 vedete un interessante 17% annuo, ma l’investor return (il ritorno ottenuto tenendo conto delle somme in entrata e uscita dal fondo) è negativo per il 3% nello stesso periodo.
“La maggior parte degli investitori è entrata nel fondo appena dopo le sue brillanti performance e poco prima che iniziasse la fase di ribasso”, commenta Matias Möttölä, responsabile della Manager Research di Morningstar in Europa, in un recente studio dal titolo Mind the gap 2023 – Investor returns around the world
Quindi, con riferimento agli stessi prodotti di risparmio gestito, l’analisi dei volumi di ingresso e di uscita ci mostra che molti risparmiatori entrano quanto i prezzi aumentano ed escono quando i prezzi scendono, realizzando il peggiore degli scenari possibili e, soprattutto, conseguendo un rendimento più basso rispetto a chi acquista il prodotto e lo mantiene.
Per riassumere:
comprare e vendere troppo spesso non conviene e spesso porta a guadagnare di meno rispetto a chi acquista gli stessi prodotti e li mantiene
molti venditori di prodotti finanziari hanno un incentivo a farci investire e disinvestire in prodotti che potrebbero non convenirci
molti consulenti e gestori, per giustifcare il proprio compenso, hanno un incentivo a investire e disinvestire con una frequenza maggiore rispetto a quella che sarebbe conveniente per i risparmiatori
Dovremmo diffidare di tutti?
Naturalmente potrebbero esserci delle eccezioni. Ad esempio, se l’interlocutore è un dipendente della nostra banca e non vi sono incentivi troppo distorsivi potrebbe consigliarci in modo opportuno, perchè il suo guadagno non dipende dai prodotti che ci vende (ma questa è putroppo l’eccezione e non la regola). Altro esempio è il consulente indipendente, che è pagato in forma fissa non proporzionale alla dimensione o alla performance del nostro portafoglio. Anche in questo caso i conflitti di interesse potrebbero essere più limitati.
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Come facciamo a capire se chi ci consiglia fa i nostri interessi?
Esistono pochi elementi molto semplici da verificare, il primo e più rilevante è che prima di suggerirci l’acquisto di qualche prodotto finanziario, venga effettuata una valutazione della nostra posizione individuale, delle nostre esigenze e preferenze in termini di rischio.
Chi ci propone di comprare qualcosa senza verificare se il prodotto è adatto a noi e senza spiegarci perchè il prodotto dovrebbe essere indicato per noi ha una elevata probabilità di perseguire interessi diversi dai nostri
Il secondo, altrettanto semplice, riguarda la dichiarata volontà di prepararsi ad andamenti attesi dai mercati si al ribasso che al rialzo. Troppo spesso chi vuole proteggerci dai ribassi e farci approfittare dei rialzi finisce per farci comprare e vendere nel momento sbagliato.
Come facciamo a difenderci dai consigli interessati?
Seguendo poche semplici regole di comportamento. Le prime due sono già state esposte e riguardano la verifica che i suggerimenti siano basati sulla nostra posizione individuale e il rifiuto di cercare di inseguire il tempismo dei mercati finanziari.
Una terza abbastanza semplice riguarda la struttura delle commissioni e più in generale l’allineamento degli interessi. Chi ci propone ad esempio una commissione di ingresso guadagnerà anche se noi perdiamo e ridurrà in partenza il capitale che investiamo, vista l’ampia offerta disponibile, questo tipo di prodotti, specie in campo assicurativo andrebbe sempre evitato.
Chi guadagna in modo indipendente dalla dimensione e dalla performance dei nostri investimenti è meno interessato a farci investire troppo, troppo spesso e male.
L’ultima raccomandazione riguarda la valutazione delle alternative: è improbabile che la banca tradizionale sotto casa ci offra le migliori opportunità disponibili sul mercato e,quando ci occupiamo della nostra finanza personale, è bene ricordare e considerare che l’inerzia e la pigrizia ha un costo, che può essere anche molto elevato.
Per concludere, come evitiamo la trappola del “compro ai massimi e vendo ai minimi”?
Questa rubrica suggerisce un approccio molto semplice per sfuggire all’ansia da “tempismo di mercato” riassumibile come segue
investo quando ho soldi che non mi servono nell’immediato e dispongo di una riserva di liquidità per gli imprevisti
scelgo investimenti coerenti con il mio profilo di rischio e con le mie esigenze individuali e li mantengo nel tempo
disinvesto quando ho bisogno dei miei soldi per finanziare dei consumi o altre tipologie di impiego oppure quando trovo delle alternative più conveniente
In questo modo nessuna delle nostre decisioni dipende direttamente o indirettamente da un andamento dei mercati, che non siamo in grado di prevedere e la nostra attenzione si concentra sulla valutazione della posizione individuale e sulla selezione di soluzioni di investimento coerenti.
Il contenuto del podcast e della newsletter non va inteso in nessun caso come raccomandazione di investimento o consulenza finanziaria. Se questo progetto vi piace potete iscrivervi al canale Youtube di Massimo Famularo e segnalare il vostro gradimento nei commenti ai video
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